lunedì 9 marzo 2009
Chi si accanisce sulla vita perde il lavoro
Tutti i medici che si opporranno ripetutamente alla volontà di morire espressa da malati terminali rischieranno la radiazione. E lo stesso vale per i pazienti in coma: in questo caso i desideri da rispettare sono quelli “dei loro cari” o dei rappresentanti legali. Questo mese il General Medical Council britannico indirizzerà a tutti i 150 mila medici del paese le nuove linee guida sul fine vita. Il documento fa riferimento a tutti gli stati – dal cancro ai danni cerebrali – in cui il paziente è in pericolo o a quelli di disabilità permanente, e riguarda tutti i casi in cui il dottore deve scegliere se rianimare un paziente, se interrompere le cure o l’alimentazione e l’idratazione, o ancora se staccare le macchine che lo tengono in vita.
L’unico caso di cui le nuove linee guida non si occupano è il suicidio assistito, la pratica in cui il medico aiuta un paziente a uccidersi: nonostante le pressanti richieste da parte dei gruppi “aid to die”, questo resta fuori legge. Nella stessa direzione andranno anche le nuove linee guida dell’Associazione degli anestesisti britannici, diffuse entro fine marzo. Finora spettava ai medici, in completa autonomia, decidere se interrompere trattamenti inutili o dolorosi. E soprattutto i dottori avevano la libertà di rifiutarsi di lasciar morire un paziente. D’ora in poi, invece, i desideri del malato o dei suoi familiari dovranno avere “un peso maggiore”. Tutti i medici che sceglieranno di non seguirli potrebbero essere accusati di “causare volontariamente dolore”. E di conseguenza essere radiati dall’ordine professionale.
Una volta morire era semplice, oggi è diventato complicato anche lasciare questa terra. Tra un pò finirà che quando vieni ricoverato in ospedale dovrai presentarti con un notaio, un avvocato e un agente asicurativo anche solo per fare un semplice esame. Viva il progresso e la ricerca che ti tengono in vita più a lungo, ma te la complicano in maniera paurosa.
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